Nulla è scontato, neppure la democrazia, e con essa i diritti per i quali i nostri avi, le nostre nonne, i nostri genitori hanno lottato affinché potessimo goderne noi. In molti hanno dato la loro vita perché noi ora si possa vivere liberi. Liberi di dire quello che pensiamo, liberi di scrivere queste righe, liberi nel rispetto dell’altro, liberi anche di addossarci le responsabilità e le conseguenze del nostro agire. In altre nazioni, lo sappiamo, non esiste né libertà né uguaglianza; c’è chi non può uscire di casa a viso scoperto, bambine a cui è proibito frequentare la scuola, coppie a cui è consentito avere solo un figlio, ecc. Le conquiste dei diritti umani non sono per tutti. Nei regimi totalitari i cittadini devono stare alle regole dei pochi al potere, e soprattutto obbedire e tacere.
La democrazia non è un prodotto naturale, che cresce così, spontaneamente, ma è una conquista sudata, che va curata ogni giorno, tutti assieme. La democrazia, per essere tale ha bisogno della partecipazione di tutti noi.
La disaffezione di molti e non solo dei giovani verso la cosa pubblica, non fa che dare ampio spazio a pochi che si prendono la briga di dirigere e che sono poi criticati, perché si sospetta agiscano per i loro personali interessi. Forse in alcuni casi è davvero così, ma la responsabilità è tutta nostra, che abbiamo lasciato ad altri il compito di legiferare, di decidere. Ma chi di voi lascerebbe che un estraneo venga in casa vostra a dettare le regole in famiglia perché non volete far fatica?
Ci lamentiamo delle decisioni dei politici, dei partiti che non ci rappresentano, della distanza tra cittadini e politica, ma quanto la nostra disaffezione, i nostri atteggiamenti e i nostri interessi alimentano quelle decisioni e aumentano quella distanza?
Cresce il sentimento di lontananza dalle forze politiche e aumenta la disaffezione verso i partiti tradizionali, ma la democrazia può fare a meno dei partiti? Essi sono il ponte tra le istituzioni e i cittadini, hanno legato la democrazia alla società civile. Nel mondo attualmente non esistono democrazie senza partiti. Ora che si tratta di scegliere tra le persone che si sono messe a disposizione per governare il nostro Cantone, bisogna che tutti, attivamente partecipino, che facciano fatica e dedichino un po’ del loro tempo a leggere, informarsi, seguire i dibattiti. Per mantenere la democrazia ci vuole impegno civico e non passività, ci vuole la pratica della cittadinanza, perché c’è un mondo che abbiamo in comune e che dobbiamo trattare il meglio possibile per chi verrà dopo di noi.
Francesca Machado-Zorrilla
Consigliere comunale a Locarno
Commissaria della Legislazione
Come potrebbe essere la nostra vita se potessimo beneficiare di un reddito incondizionato; e di come molte impari opportunità fra uomo e donna, venire in parte colmante. Un reddito incondizionato per tutti i cittadini; giovani, vecchi, donne, uomini, lavoratori, disoccupati, assistiti e volontari. Avremo una prima occasione di esprimerci nel 2016 sull’iniziativa che, a tale proposito, ha raccolto più di 125 mila firme. Alcuni Stati applicano già in varie forme, tale modalità; garantendo così a tutti un reddito dignitoso per far capo a spese come vitto, alloggio, vestiti, assistenza sanitaria.
Non è possibile? Ma il vero progresso non è la realizzazione dell’utopia? Anche l’AVS e le vacanze pagate non erano utopie? E dimentichiamo volentieri che il nostro benessere lo dobbiamo sopratutto a persone, parenti o amici, che svolgono lavori domestici, curano figli, persone disabili o invalide; senza dimenticare tutte quelle che militano nelle varie associazioni culturali, sportive, o di volontariato, svolgendo lavori non retribuiti, o chi si mette a disposizione per far funzionare un Comune, un Cantone o la Nazione. Tutto questo lavoro e impegno gratuito, dato per scontato, sovente sminuito, per niente considerato, ha lo stesso valore del nostro PIL svizzero (prodotto interno lordo) stimato in ben 630 miliardi di franchi l’anno. Non proprio una bazzecola. L’ipotesi di reddito incondizionato corrisponde a 2500 fr. per gli adulti e 650 fr. per i minorenni. Vuol dire ad esempio che tutte le persone che si sobbarcano lavori domestici, la cura di persone e casa, corrispondenti sovente a un lavoro a tempo pieno, riceverebbero questi soldi più quelli dei loro figli.
Per il Consiglio Federale i soldi non ci sono; eppure dai calcoli effettuati (vedere www.bien.ch), ricuperando i soldi della disoccupazione, i vari assegni, l’assistenza, l’AVS ecc. mancherebbero circa 18 miliardi. Niente a confronto dei 630 miliardi regalati dai cittadini per le mansioni sopraccitate ;e niente se pensiamo che la Banca Nazionale ha bruciato 300 miliardi in 5 anni per truccare il rapporto franco/euro. Con quei soldi avremmo finanziato un reddito incondizionato per 20 anni di fila. Soldi che sarebbero rientrati nella nostra economia.
Se veramente vogliamo; si che si può! La felicità e il piacere di svolgere determinati lavori/impegni per la famiglia e la comunità o avere il tempo per dedicarci alle relazioni umane, alla condivisione di affetti o per ricevere sostegno morale non sono contemplate nel valore del PIL; ma se mancassero queste cose fondamentali saremmo molto più poveri e insicuri. Un Paese allo sbando. Negli USA tra il 1946 e il 1990 l’indice di felicità è diminuito di circa il 7%, mentre il redito procapite è fortemente cresciuto da 6.000 a 20.000 dollari. È dunque importante riflettere al rapporto tra economia e felicità; perché se avere di più significa star male e distruggere le basi della nostra esistenza e il Pianeta stesso, allora occorre chiederci sul serio e subito qual’è il significato e la natura dei beni che l’economia propone e che noi consumiamo. Ma sopratutto che senso dare alla nostra vita.
Pierluigi Zanchi
Consigliere Comunale Locarno
Commissario della Gestione
Candidato al Gran Consiglio
Non stupisce affatto il dibattito sorto l’indomani della decisione del Governo del Canton Neuchâtel di introdurre un salario minimo di 20 franchi l’ora a livello cantonale perché è una “prima” che lascia spazio sufficiente al liberismo nostrano di defilarsi.
Quando si fa di tutta un’erba un fascio come proporre una soglia minima di salario uguale per tutti, si rischia inevitabilmente di creare confusione e allarmismi che parte della nostra società utilizza a beneficio di ulteriore subbuglio così da distogliere l’interesse dal nocciolo della questione, che resta il degrado del mondo del lavoro. L’imprenditoria si oppone a qual si voglia intervento governativo in ambito di protezione del lavoratore giustificandosi che simili iniziative vanno a discapito della stabilità del sistema svizzero che trova proprio il suo punto di forza nella libera economia. Pensiero pregiato se avvalorato dai fatti che però mettono in evidenza solo l’ambiguità dell’applicazione della dottrina economica liberista: l’imprenditore decide chi assumere, per quanto tempo, cosa dare di paga e poi scarica sullo Stato il compito di sbrogliarsi con il neo disoccupato, accantonato per questioni di miseria umana. Ecco che allora gli ammortizzatori sociali dello Stato sono ben visti, anzi, auspicati proprio da coloro che additano la presenza dell’interlocutore statale come protezionista.Siamo alla tregua delle bad company da scorporare dalla casa madre sana?Cari signori, questo si chiama parassitismo legalizzato, nient’altro. Grazie a condizioni ambientali favorevoli, gli scrocconi, così chiamati perché vivono sfruttando le fatiche altrui, abbondano e portano ad omogeneizzare un’ambiente eco-favorevole a se stessi. E’ un degrado che vediamo nel linguaggio domenicale, nella formazione dei consigli d’amministrazione, nel non agire delle istituzioni, o più semplicemente, fra coloro che fanno di necessità virtù il destreggiarsi tra disoccupazione ed assistenza. Alle nostre latitudini pare che l’intervento statale è visto come segno di protezionismo solo là dove obbliga l’economia a rispettare le norme, eppure il liberalismo fondato dal nobel per l’economia Fiedrich von Hayek, avvalora la tesi che la politica di fatto debba sostenere i diritti naturali ed inviolabili del cittadino, come il diritto al lavoro. Rea della degenerazione delle condizioni di lavoro è senz’altro l’imprenditoria, l’azienda piccola o grande che sia che per semplici calcoli economici gioca alle tre carte. I complici invece sono molti. I sindacati che rincorrono i posti al tavolo delle trattative solo per i CCL ghiotti lasciando nell’ombra una miriade di impieghi in nicchie senza protezione. I politici che paiono avere dimenticato il loro mandato pagato dalla cittadinanza, cioè quello di gestire la “cosa pubblica” ubbidendo ad un criterio di giustizia sociale, nel dare giusto equilibrio tra dare ed avere, assicurando anche un salario proporzionato. La Giustizia che produce tonnellate di giurisprudenza lasciata in mano a personali interpretazioni. Oggi, un giovane che ha terminato la propria formazione con un attestato di maturità, si ritrova a dover accettare un contratto con un salario mensile lordo di 2200 franchi se ha la sfortuna di lavorare in settori non tutelati, confinandolo di fatto a vivere in famiglia per l’eternità, perché in Svizzera cari i miei signori che vi nutrite di teorie, non si è autosufficienti con un simile stipendio. La falsa equazione liberismo uguale economia sana non può continuare a condizionare la vita di tante persone perché voi possiate crogiolarvi nell’effimero teorico.
Sul tappeto c’è un’iniziativa dei Verdi che si sono adoperati nel sostenere una proposta già presentata nel Canton Giura, che pone l’accento non solo sulla precarietà della qualità del lavoro nel nostro Cantone di frontiera, ma riporta la palla al centro dando mandato al Governo di introdurre appunto una garanzia per un salario minimo differenziato per settore.
Una proposta che avrebbe dovuto essere concepita già dal Governo stesso che ha preferito non entrare nel merito, atteggiamento frequente nelle scelte da tracciare su temi importanti e di per sé carichi di forti pressioni lobbistiche (tassa causale sui rifiuti in primis). Per contro abbiamo assistito a spot pubblicitari con eclatanti quanto fugaci atti parlamentari da Bellinzona verso Berna, senza però alcun esito proficuo per il mondo del lavoro nostrano.
Fuori i frontalieri? Io dico fuori le imprese, anche quelle svizzere che applicano salari diversi nella Confederazione, che sfruttano il territorio, i sussidi e la manodopera indigena ed estera.
Politici, sindacalisti e giuristi a voi il compito di definire il futuro della nostra economia e la storia.
Critiche del Partito Comunista ai Verdi rispedite al mittente
I Verdi hanno letto a fondo sia il business plan che il malloppo sul progetto di massima concernente la Casa del Cinema e si sono fatti un quadro generale sulla bontà del progetto; con il loro voto hanno così voluto appoggiare sopratutto l'idea e non solo un progetto.
Progetto pur sempre migliorabile in corso di realizzazione ; ed è infatti ciò che gli architetti stanno già facendo; come ad esempio su nostra proposta commissionale per la copertura del tetto con pannelli solari. I Verdi hanno ritenuto sufficiente la documentazione per la richiesta del credito di progettazione definitiva, soprattutto dopo le migliorie apportate al progetto originale, il ricupero di ben 1,8 mio d’IVA, ma soprattutto per dare la possibilità del mantenimento e lo sviluppo di una Regione e di una Città a carattere culturale, formativo e turistico. Un indotto non indifferente anche per il commercio, l’artigianato e la ristorazione. Cioè per migliaia di posti di lavoro, incrementabili con la realizzazione di quest’opera.
Riconosco, come stato ribadito in CC, i tempi stretti con i quali i commissari della gestione siamo stati sottoposti nel lavorare alacremente, al fine di vagliare il progetto e le opportunità
allegate per poi presentarlo in CC. Ma a volte si deve saper pedalare di più se non si vuol perdere l'ennesimo treno che la Città ha già perso troppe volte.
Inoltre, la Casa del Cinema permetterà in parte di avere spazi disponibili per ospitare pure altri eventi come congressi, mostre, concerti. E questo è un ulteriore tassello importante quale
sostenibilità gestionale futura della Casa del Cinema. Sopratutto dopo l'abbandono della riqualifica della Stazione di Locarno-Muralto da parte delle FFS.
La questione delle associazioni è relativa; infatti, a breve, avrebbero comunque dovuto andar via; sia perché lo stabile è da riqualificare, sia perché operano/operavano in situazione di illegalità e insicurezza dato che l’infrastruttura è ritenuta da tempo inagibile. Inoltre Locarno avrebbe pagato ben 11 milioni in più (tutti suoi) oltre ai sei ora già votati, per rimettere a posto le ex scuole. Di spazi a Locarno ce ne sarebbero; basta cercarli e farsi promotori ad esempio (con una iniziativa invece che un referendum?) dell'acquisto e la riqualifica del comparto Casa d'Italia/Villa Igea/ex Consolato d'Italia. E su questo punto I Verdi (ma non solo loro) l'hanno più volte ribadito in Consiglio Comunale. Inoltre I Verdi del Locarnese hanno appoggiato il progetto anche perché ci sono state date garanzie sulla ristrutturazione del Palezzetto Fevi a medio termine, il quale è altrettanto prioritario della Casa del Cinema; infatti nel piano finanziario 2013-2016 ricevuto negli scorsi giorni vi è inclusa pure questa voce.
Se la Sezione del Partito Comunista non ha riconosciuto la bontà generale dell'operato in corso, facendone una questione di dettaglio, non può che dispiacerci dal momento che si è persa la visione principale su questo progetto. Infine non capiamo la critica unilaterale ai Verdi, quando pure PLR, PPD, UDC-Indipendenti e PS hanno avvallato il credito sulla Casa del Cinema sia in Commissione della Gestione che in Consiglio Comunale.
Pierluigi Zanchi
Consigliere Comunale I Verdi
Membro della Commissione della Gestione Locarno
11.1
Raddoppio Gottardo, i Verdi si interrogano L’adesione di Minusio (così come quella di un’altra trentina di Comuni) al “Comitato per il completamento del Gottardo - No all’isolamento del Ticino” sorprende i Verdi del Locarnese, che proprio a Minusio, con la consigliera comunale Sara Oliveti-Osenda, hanno presentato un’interrogazione sul tema. I Verdi partono dal fatto che l’opera in questione è già stata più volte respinta dal popolo “e vìola la Costituzione”. C’è pertanto da chiedersi “perché la si vuole costruire ad ogni costo”. All’Esecutivo minusiense Osenda chiede “chi ha deciso, e in base a quali criteri”, l’adesione a detto comitato; se sia stato indetto un sondaggio o una consultazione tra i cittadini di Minusio; se il Municipio abbia sostenuto o intenda sostenere finanziariamente il Comitato; e se il Comune intenda “sostenere con pari vigore e forza la politica di trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia e l’applicazione dell’Iniziativa delle Alpi approvata nel 1994 dal popolo”; e se sì, in che modo. Nella premessa alle domande la consigliera si dichiara stupita dalla scelta del Comune, avvenuta “senza che vi sia stato il pronunciamento del Consiglio comunale e/o della popolazione e senza sapere se effettivamente questa sia la posizione della maggioranza delle persone e dei consiglieri comunali.
Da La Regione Ticino 12.01.2013
Viaggiando sulla strada cantonale tra Riazzino e le Gerre di Sotto, in faccia al Centro Professionaleper invalidi, ancora oggi esiste un’attività di rottamazione a lato di campi coltivati e inuna zona che propone nuovi stabili abitativi e un’enorme pubblicità per la prossima vendita dicasette. Al di là del buon senso che pare essere stato sotterrato sotto la montagna di metallo,sembrerebbe che le autorità preposte alla pianificazione del territorio si stiano dimenticando diadeguare parametri e permessi. Il benessere di una collettività non è dato unicamente dalgettito fiscale, è una complessa sinergia di forze. Occorre la lealtà del singolo cittadino a conformarsialle norme e ad una corretta dichiarazione di intenti, domande di costruzione o di attivitàper intenderci. Occorrono anche tecnici che sappiamo identificare e correggere anomalie,nonché una trasparente volontà politica alla promozione di un’economia locale sostenibile.Non è però quello che succede da Giuliani a Riazzino, luogo ben noto per precedenti fatti chehanno regalato molti disagi alla comunità. Con quel “ogni tanto capita un’esplosione, non è nulladi grave” a nostro avviso si conferma che c’è moltissimo lavoro da fare a tutti i livelli. Cosa èprevisto a favore degli operai che vivono le esplosioni e provvedono al ripristino dell’attivitàaziendale, senza alcuna protezione da fumi e pulviscolo? Da parte dell’azienda vengono effettuatii controlli e le verifiche necessari non solo a tutela della produzione con la cernita del materialeda triturare, ma pure a favore della salute degli operai e a protezione dell’ambiente? NoiVerdi del Locarnese richiamiamo l’attenzione delle autorità di vigilanza competenti per evitareulteriori e incomprensibili casualità in quel di Riazzino e non solo. Troppe negligenze si perpetuanonell’ombra di pretese aziendali e politiche che non hanno saputo adeguarsi al mutare dellasocietà, come sempre chiamata a sostenere costi sociali elevati per rigenerare unbenessere maltrattato. Individuare e traslocare l’attività privata di rottamazione in luogo piùadatto sarebbe un primo passo. Quello che consentirebbe la conseguente bonifica del terreno ela revisione di destinazione dell’area, per un domani da condividere sapendo di aver fatto lacosa giusta.